Venezuela: Cosa sta accadendo in questo Paese?Leggi e condividi

Juan Guaidó si è autoproclamato presidente, Trump e Bolsonaro lo hanno riconosciuto in tutta fretta: rivolta democratica o golpe?

Il Venezuela è in stato di agitazione e di crisi politica che rasenta il colpo di stato. Juan Guaidó, presidente dell’Assemblea Nazionale Venezuelana, ha tenuto un comizio davanti ai sostenitori dell’opposizione al governo socialista di Nicolás Maduro e si è autoproclamato presidente a interim del paese, dicendo che assumeva l’incarico “per porre fine all’usurpazione” della presidenza.

Guaidó ha ottenuto subito il riconoscimento degli Stati Uniti e poco dopo di praticamente tutto il Sud America, mentre l’Unione Europea si è limitata a una dichiarazione molto cauta e altri paesi – come Russia, Messico, Iran, Turchia, Cuba e Bolivia – hanno espressamente detto che continueranno a riconoscere come presidente Maduro. In pratica ora il Venezuela ha due presidenti e due parlamenti in lotta tra loro. Ma come si è arrivati a questa situazione?

Dal 1999 al 2013 il presidente del Venezuela è stato il socialista Hugo Chavez, leader del Partito Socialista Unito del Venezuela, arrivato al potere democraticamente e sempre rieletto. Durante il governo di Chavez, il boom petrolifero ha consentito al Venezuela di finanziare ambiziosi programmi sociali per combattere analfabetismo, malnutrizione, malattie e povertà.

L’unico breve periodo in cui Chavez non è stato alla guida del paese è stato nel 2002, quando è stato destituito da un colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti che ha portato al potere Pedro Carmona Estanga. In quell’occasione parte dei militari si erano schierati con Carmona e dopo che i militari avevano attaccato il palazzo presidenziale Chavez si era consegnato per evitare la guerra civile: pochi giorni dopo una mobilitazione popolare aveva reso il paese ingovernabile e costretto i golpisti a cedere di nuovo il potere a Chavez.

Alla morte di Chavez, è stato eletto presidente Nicolás Maduro – suo ex ministro degli Esteri e vicepresidente. Maduro ha sostanzialmente continuato con le politiche di Chavez ma il suo governo ha coinciso il rapido peggiorare della situazione economica del paese e delle condizioni di vita della popolazione – cosa che ha causato una crisi di profughi nelle nazioni confinanti – per diversi motivi, tra cui il crollo del prezzo del petrolio, le sanzioni imposte dagli Stati Uniti, il sabotaggio economico portato avanti dalla borghesia venezuelana anti-chavista.

Dal 2015 il Venezuela ha il tasso d’inflazione più alto del mondo, una moneta che è quasi carta straccia e una serie di problemi che ne sono conseguenze come l’aumento della criminalità e della corruzione. Per affrontare la crisi, nel gennaio 2016 Maduro ha dichiarato uno “stato di emergenza economica” espandendo i suoi poteri.

A questo scopo il governo ha varato diversi provvedimenti: da una parte ha cercato di contrastare l’inflazione con metodi piuttosto creativi come l’adozione di una criptovaluta – il Petro – ancorata al valore del petrolio; dall’altra ha aumentato le misure sociali per cercare di sostenere le fasce più deboli della popolazione colpite dalla crisi, ad esempio introducendo i CLAP – Comitati Locali di Approvvigionamento e Produzione – per distribuire pacchi di beni di prima necessità a chi ne ha bisogno.

Alla crisi economica si è poi aggiunta una grave crisi politica cominciata nel 2016, quando l’opposizione ha vinto le elezioni legislative ottenendo la maggioranza nell’Assemblea Nazionale – il parlamento venezuelano. Per un certo periodo Maduro ha potuto governare per decreto senza passare dal parlamento grazie a delle leggi abilitanti e all’appoggio del Tribunale Supremo di Giustizia, che ha spesso reso nulle le decisioni dell’Assemblea Nazionale.

Nel maggio 2016, l’opposizione ha cercato di chiedere un referendum per destituire Maduro tramite una petizione al Consiglio Elettorale Nazionale, da questo rigettata. In seguito, il Tribunale Supremo di Giustizia ha sciolto l’Assemblea Nazionale avanzando dubbi di illegittimità nell’elezione di alcuni suoi membri, aumentando i poteri di Maduro e attribuendosi il potere legislativo.

Dopo il fallimento di un tentativo di dialogo tra le parti condotto dal Vaticano, il 1 maggio 2017 Maduro ha convocato un’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto scrivere una nuova costituzione per il paese come “via d’uscita costituzionale” dalla crisi.

La sera del 22 era poi arrivato un messaggio del vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence in cui si schierava con il popolo venezuelano per il “ripristino della democrazia” e nella notte si parlava di una riunione straordinaria a cui avrebbero partecipato Trump, Pence e il senatore repubblicano Marco Rubio. L’appoggio americano per il tentativo di colpo di stato era quindi esplicito ed evidente fin da subito.

Sempre nella sera del 22 Marìa Corina Machado, una dei leader dell’opposizione, ha esplicitamente minacciato di morte Maduro dicendo che “se vuole salvarsi la vita deve riconoscere che il suo tempo è scaduto.”

Per il momento in Venezuela ci sono due parlamenti che rappresentano uno il governo e uno l’opposizione. Se l’Assemblea Costituente non è riconosciuta dall’opposizione e le sue elezioni sono state contestate da diversi paesi, in quanto a legittimità anche l’Assemblea Nazionale non se la passa bene – secondo un recente sondaggio non governativo, la sua percentuale di approvazione sarebbe sotto il 30 percento.

Non è chiaro cosa potrebbe succedere, ma stando così le cose è chiaro che un ruolo importante nel decidere il futuro del Venezuela ce l’avranno i militari. E come ha spiegato su Jacobin appena una decina di giorni fa Temir Porras – un chavista della prima ora, ex esponente del governo Chavez e vice di Maduro quando era ministro degli Esteri, critico da sinistra nei confronti del governo – un escalation potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

Pubblicato da ilvostropensiero

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