Salvini e il Caso Russia che non ancora spiegato agli italiani.
Un affare a sei zeri per finanziare la Lega in vista delle elezioni europee scorse del 26 maggio 2019.
Soldi russi per i nazionalisti italiani dell’ex vicepremier Matteo Salvini. Lo stesso che ha dichiarato pubblicamente di non essere interessato ai denari di Vladimir Putin, ma di appoggiarlo per pura sintonia politica.
La trattativa per finanziare la Lega è stata portata avanti nei mesi scorsi nel più assoluto riserbo. Da un lato del tavolo uno dei fedelissimi di Salvini, dall’altro pezzi pregiati dell’establishment putiniano. Al centro, uno stock di carburante del tipo “Gasoil EN 590 standards Udsl”.
Il protagonista che ha tessuto nell’ombra la ragnatela di relazioni utili al ministro è l’ex portavoce del vicepremier, Gianluca Savoini. L’uomo attorno al quale ruota tutta questa vicenda. «Il consigliere» di Matteo: questo è il ruolo affibbiatogli dai media russi negli articoli in cui si lodano le attività della sua associazione Lombardia-Russia e le prese di posizione della Lega contro le sanzioni imposte dall’Europa alla Russia.
Savoini esplora prima una pista che porta a un palazzo di Mosca dove hanno sede le più grandi compagnie petrolifere del mondo e anche le società di uno degli uomini più ricchi di Russia. Non un paperone qualunque, ma un avvocato, ortodosso, anti abortista e anti gay a capo di un impero economico e fortemente legato al progetto sovranista europeo.
È passata solo qualche ora dalla visita di Matteo Salvini a Mosca. Infatti, il giorno prima, il 17, il vicepremier e ministro italiano era stato ospite del convegno organizzato da Confindustria al Lotte Hotel. Una trasferta russa conclusa con un incontro riservato che il leader della Lega non ha voluto pubblicizzare (come mai mette tutto sui social questo proprio no?).
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